29-12-2020 17:00:06 - Aggiornato: 29 December, 2020
La marijuana bianca è stata a lungo considerata un prodotto immaginario come l’unicorno o lo Yeti. Una stravaganza che non potrebbe essere altro se non il frutto di montaggi fotografici.
La mancanza di luce fece diventare le piante bianche, e così nacque la reale New York White, a cui alcuni coltivatori fornivano un pò di cure laggiù nelle fogne per poi raccoglierne le cime bianche e super potenti.
In questo post proveremo a smantellare alcuni miti che girano su Internet e guarderemo l’argomento con un occhio più scientifico.
Introduzione
La marijuana bianca è il risultato di una mutazione genetica che si verifica in natura; questo fenomeno è noto come albinismo.
L’albinismo non è una mutazione unica degli animali, può verificarsi anche nelle piante. In entrambi i casi il fenomeno è caratterizzato dall’assenza di pigmenti: melanina negli animali e clorofilla nelle piante.
Piante di marijuana bianche
Il colore bianco nella marijuana si manifesta di volta in volta, a seguito di un doppio gene recessivo che determina l’assenza di clorofilla o per via di uno scarso sviluppo dei geni che ordinano la produzione del pigmento.
Il primo risulta in una pianta assolutamente bianca, sebbene non sia la più usuale; e nel secondo caso ciò che muta è la cima o una parte della pianta. Un’altra possibile spiegazione è che la scarsa pigmentazione derivi dalla mancata corrispondenza tra i genomi nucleari e dei cloroplasti.
La clorofilla è il pigmento che dà colore alle piante. Il suo scopo, più che estetico, è fondamentale poiché è necessaria per il processo di fotosintesi. La clorofilla nelle foglie di cannabis è responsabile dell’assorbimento della luce solare, che innesca la reazione chimica che produce il glucosio che alimenta la pianta a partire dall’anidride carbonica (CO₂) e dalla linfa grezza ottenuta da sali minerali e acqua del suolo.
Effetti della marijuana bianca
Se è vero che la marijuana bianca ci regala un bel fiore, i bassi livelli di clorofilla forniscono un prodotto di qualità inferiore rispetto alle varietà convenzionali.
La marijuana albina non può creare l’energia necessaria a provocare le reazioni chimiche prodotte dai cannabinoidi, presenti in basse concentrazioni in questo tipo di marijuana.
Oltre ai fattori genetici, l’albinismo può avere fattori scatenanti ambientali come luce, temperatura e terreno di coltura.
Le piante di cannabis possono mostrare toni bianchi a causa dell’esposizione alla luce. Queste varietà non sono originariamente albine o bianche, ma piante verdi che vengono scolorite durante la loro crescita a causa di un avvicinamento, intenzionale o accidentale, a una fonte di luce, come può essere un faretto ad alta intensità che cade sul pigmento.
Ciò provoca uno sbiancamento, che colpisce principalmente le zone sovraesposte della pianta. Questa alterazione di solito si manifesta nelle piante coltivate indoor, mentre è estremamente raro che si verifichi all’aperto.
Lo scolorimento dovuto alla sovraesposizione alla luce causa stress alle piante, anche se normalmente colpisce solo quelle parti della pianta che ricevono luce in eccesso. Il progresso della depigmentazione comunque può essere prevenuto con l’uso di fertilizzanti e leggeri aggiustamenti all’illuminazione.
I fattori genetici producono una piccola quantità di clorofilla quando la pianta albina germina. Al contrario, nella clorosi, una malattia che può disturbare la nostra prole, lo sbiancamento è causato dalla mancanza di nutrienti nel sottosuolo.
La marijuana ha bisogno di molto azoto (N), una moderata quantità di potassio (K) e una piccola percentuale di fosforo (P) nella sua fase di crescita vegetativa. Meno azoto, più fosforo e livelli simili di potassio in fase di fioritura, nonché micronutrienti come calcio (Ca), rame (Cu), boro (B), ferro (Fe), manganese ( Mn), zolfo (S), molibdeno (Mo), magnesio (Mg) e zinco (Zn) per moltiplicare il numero e le dimensioni delle cime.
Quando la depigmentazione è causata dalla clorosi, puoi fermarla fornendo fertilizzanti che contengono questi elementi e fornendo un integratore di glucosio per allungare l’aspettativa di vita della pianta e aumentarne i tassi di produzione.
L’incapacità degli esemplari albini di eseguire il processo di fotosintesi significa che queste piante non hanno la capacità di riprodursi. La maggior parte di loro ha una vita breve, che giunge al termine senza necessità che alcun parassita debba intervenire, poiché la mancanza di clorofilla è sufficiente a rallentare lo sviluppo del fiore. Le talee che alla fine germogliano sono destinate alla morte immediata.
Nonostante questo, alcuni esemplari di marijuana bianca vivono a lungo. I ricercatori non sono stati in grado di determinare con certezza cosa mangiano in assenza di clorofilla per produrre i propri nutrienti; Anche se tutto sembra indicare che si tratti di parassiti che si nutrono di carboidrati ottenuti dalla sintesi di altri organismi.
✅ Conclusione
Le piante albine rappresentano un ostacolo alla massimizzazione del raccolto, della qualità dello stesso e del tasso di crescita: per questo la maggior parte dei coltivatori preferisce lasciarle morire se mostrano segni di albinismo già nelle prime fasi della vita.
La verità è che, comunque, negli ultimi tempi, sono molti i coltivatori che, proprio per il fatto di avere questa pianta bianca di grande bellezza (che non si può negare) nella loro coltivazione, ne stanno producendo di più rispetto al passato. Tu cosa ne pensi? Vorresti averne una o almeno provarla? Attendiamo la tua opinione!